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martedì 8 novembre 2011

libro più web

Complimenti alle due alunne che sono iscritte al sito del libro di letteratura latina:vi ho abilitato due test tanto per provare se funziona,poi ci aggiorniamo.
Aggingo per tutti il file della lettura critica che stamattina solo Pastormerlo ha avuto il piacere di leggere.
Qualcuno vuole provare a scrivere una recensione sul sito di repubblica@scuola? Forza ragazzi vi voglio vedere più collaborativi...
buon lavoro doraprof

lettura critica

INFERNO CANTO II

Bruno Nardi (1884-1968), insigne studioso della filosofia medioevale e del pensiero di Dante, sottolinea

come il percorso oltremondano di Dante – non diversamente dai “viaggi” di Enea e san Paolo – sia una

“visione profetica” che Dio gli ha concesso come grazia speciale.

Nel quarto trattato del Convivio1, egli [Dante] ritiene che nei dodici libri dell’Eneide, presi tre per tre, siano

raffigurate le quattro età dell’uomo. Il che indurrebbe a credere che Dante considerasse il racconto virgiliano una storia fantastica con significato allegorico. Ma chi toglie in mano la Monarchia2, resta sorpreso di vedere che il racconto dell’Eneide è preso alla lettera [...], [per cui] i fatti della narrazione virgiliana sono storici. Fatto storico è non solo l’approdo di Enea alle foci del Tevere, ma altresì la sua discesa all’Inferno: Tu dici che di Silvio il parente,corruttibile ancora, ad immortale secolo andò, e fu sensibilmente.

Però, se l’avversario d’ogni male

cortese i fu, pensando l’alto effetto

ch’uscir dovea di lui e ’l chi e ’l quale,

non pare indegno ad omo d’intelletto;

ch’ei fu de l’alma Roma e di suo impero

ne l’empireo ciel per padre eletto:

la quale, e ’l quale, a voler dir lo vero,

fu stabilita per lo loco santo

u’ siede il successor del maggior Piero.

Per questa andata onde li dai tu vanto,

intese cose che furon cagione

di sua vittoria e del papale ammanto3.

Predestinato da Dio ad esser padre dell’impero romano

che doveva apparecchiare il mondo alla venuta di

Cristo, e padre di quella Roma ove doveva risiedere il

capo della chiesa, Enea meritò da Dio la grazia

d’andare, prima della sua morte, ai beati Elisi, per

udirvi dall’ombra d’Anchise le profetiche parole che

l’avrebbero spronato nella lotta per la conquista del

Lazio. La stessa grazia fu concessa a san Paolo,

l’apostolo prescelto da Dio a diffondere nel mondo

greco-romano la parola di Cristo:

Andovvi poi lo Vas d’elezïone,

per recarne conforto a quella fede

ch’è principio a la via di salvazione4.

La discesa d’Enea all’Eliso del pari che il raptus di san Paolo al terzo cielo, intorno al quale esiste una copiosissima letteratura teologica medievale, non sono per Dante semplici finzioni poetiche, ma veraci visioni concesse per una grazia speciale a questi due uomini privilegiati, in vista della missione affidata ad essi da Dio, per la fondazione dell’impero e per la propagazione della fede cristiana.

E una grazia speciale è quella concessa a Dante di discendere vivo nel baratro infernale, di uscirne incolume

per salire, attraverso i balzi del Purgatorio, sulla vetta del monte dell’Eden, e quindi d’essere rapito,

attraverso le sfere celesti, sino a vedere Dio faccia a faccia.Si potrebbe ritenere finzione poetica l’incontro con Virgilio e il dubbio mosso da Dante alla sua proposta di seguirlo nel pericoloso viaggio:

Ma io perché venirvi? o chi ’l concede?

Io non Enea, io non Paulo sono:

me degno a ciò né io né altri crede.

Per che, se del venire io m’abbandono,

temo che la venuta non sia folle:

se’ savio; intendi me’ ch’i’ non ragiono5.

Ma intanto giova notare che, per mezzo di questo dubbio ,Dante è riuscito a mettere in evidenza, senza averne l’aria, la somiglianza del viaggio propostogli da Virgilio colla narrazione del sesto libro dell’Eneide e la Visio Pauli. Il suo pensiero s’è rivolto proprio ai due episodi miracolosi occorsi al padre dell’impero romano e all’apostolo cristiano. Le parole poi colle quali il poeta latino dissipa l’esitazione di Dante prima d’accingersi all’alto passo, gli rivelano che tre donne benedette, la Vergine Maria, Lucia e Beatrice, si sono mosse a compassione di lui impedito «su la fiumana ove ’l mar non ha vanto», e, per soccorrerlo nel suo smarrimento, gli hanno inviato quell’anima cortese mantovana. Il suo viaggio è dunque voluto da Dio per l’inter cessione di quelle che curan di lui nella corte del cielo6.

(B. Nardi, Dante e la cultura medievale, Laterza, Bari 1983[1ª ed. 1942])(Bruno Nardi)

1. Nel quarto trattato del Convivio: IV,XXVI, 3. 2. la Monarchia: II, III, 6. 3. Tu dici… ammanto: If II, 13-27. 4. Andovvi… di salvazione: ibidem 28-30. 5. Ma io… non ragiono: ibidem 31-36. 6. curan… del cielo:

ibidem 125.

Il dibattito critico Il viaggio come visione profetica


scheda per recensione:

Come si scrive una recensione?
Gli articoli di Recensione Libro

Per scrivere una recensione, bisogna innanzitutto sapere di cosa sta parlando. Per chi scrive la recensione di un libro, è fondamentale averlo letto. In caso contrario si possono scrivere tante cose, ma non di certo una recensione.

Il termine “recensione” deriva dal latino e significa “riflettere”. L’obiettivo di una buona recensione deve essere proprio questo: spingere alla riflessione scaturita dagli eventi raccontati in un libro. Per “spingere a riflettere” sui contenuti di un libro, una recensione deve possedere precisi elementi che soddisfino tutti i criteri di apprezzamento.

Una corretta recensione deve avere tre elementi assolutamente imprescindibili.

Come prima cosa, al suo interno devono potersi rintracciare informazioni riguardo alla storia. In altre parole, bisogna raccontare la trama senza, ovviamente, svelare il finale.

Devono poi essere forniti al lettore elementi interpretativi, che analizzino gli argomenti in relazione, ad esempio, al contesto sociale in cui si svolge il racconto, oppure rispetto a ciò che l’autore ha voluto dire facendo compiere determinate azioni ai propri personaggi.

Infine, una recensione deve avere elementi valutativi, che diano un giudizio complessivo sull’opera.

Soltanto osservando questi principi, riuscirai a scrivere una recensione che assolve alla sua funzione originale, è cioè quella di “far riflettere” e permetta al tuo lettore di avere tutte le informazioni necessarie per farsi una propria idea sull’argomento trattato.

La recensione di un libro può essere scritta anche mettendo in relazione più opere di uno stesso autore:in questo caso, si metteranno in evidenza prima i tratti caratteristici dell’autore (uso delle figure retoriche, modo di descrivere gli ambienti e le persone, somiglianza tra le trame). Successivamente si possono passare ad analizzare le diversità tra un’opera e un’altra anche se, a volte può accadere che non ce ne siano.

Se vi trovate in una situazione del genere, prendete in esame due possibilità: o l’autore di cui state scrivendo non è uno dei più brillanti scrittori della terra, o voi state leggendo nuovamente la stessa opera e non siete uno dei più brillanti lettori della terra.

Come si scrive una recensione. Una possibile guida

di Alberto Giovanni Biuso

Per scrivere una buona recensione è indispensabile essere dei buoni lettori. Questo va da sé. Non bastano però passione e intelligenza. È necessario anche avere un metodo. Quello che qui si propone è solo uno dei possibili.

La lettura

Mentre si legge, bisogna schedare il testo e cioè riportare su un supporto esterno –quaderni, fogli, computer- le righe, i paragrafi, le affermazioni che appaiono al lettore rilevanti, indicando il numero della pagina in cui compaiono. La scelta deve essere oculata e…drastica; alla fine si avrà un compendio in poche pagine dell’intero libro.

La preparazione

Completata la lettura, le frasi schedate vanno inserite in una scaletta tematica, in modo da ottenere un insieme di citazioni coerenti, né casuali né frammentarie. Forse è difficile crederlo ma se queste due prime fasi sono state portate a termine con cura, la recensione è quasi pronta.

La stesura

Seguendo la scaletta costruita nella fase di preparazione, si redige il testo che dovrà:

  • Presentare una sintesi del libro che sia quanto più possibile completa, accurata e breve.
  • Vi devono emergere le tesi principali sostenute dall’autore; il modo in cui le espone; il rigore dell’argomentazione (o la sua mancanza); l’equilibrio tra le parti, le sezioni, i capitoli; la presenza o l’assenza di uno spirito critico; la novità o la scarsa originalità delle tesi sostenute; la chiarezza o l’oscurità dello stile. Tutto questo dovrà essere documentato anche tramite l’inserimento delle citazioni con il relativo numero di pagina. La quantità delle citazioni tra virgolette (dunque letterali) non dovrà comunque soffocare il tessuto argomentativo del recensore ma soltanto sostenerlo; la scelta dovrà essere quindi sobria e motivata.

Conclusione

Tutto questo è utile e per certi versi indispensabile ma una recensione, oltre che illustrare i contenuti del libro e proporne una valutazione, dovrebbe trasmettere a chi la scorre le stesse sensazioni provate durante la lettura: il piacere, la curiosità, le perplessità, i ripensamenti, le intuizioni avute, la gioia di ciò che si è imparato…E per questo non ci sono regole ma valgono la passione dell’apprendere, la gioia dello scrivere, la ricchezza dell’esperienza. Quello che è certo è che preparare una recensione aiuta moltissimo a capire e ad “apprezzare” (in ogni senso) un libro. Il mio consiglio è pertanto di scrivere una recensione per ogni volume che si è letto.

COME SCRIVERE UNA RECENSIONE

Riporto un brano che mi pare particolarmente significativo, tratto da un articolo di Grazia Cherchi apparso su Panorama del marzo 1989 dal titolo "Recensioni come?", pubblicato poi nel libro Scompartimento per lettori e taciturni edito da Feltrinelli nel 1997.
Grazia Cherchi, scomparsa nell'agosto 1995, è stata tra i più vivaci protagonisti della scena culturale italiana, a partire dagli anni sessanta, quando con un gruppo di amici fondò e diresse i "Quaderni piacentini".
Editor e consulente di narrativa, ha firmato rubriche, come giornalista, su "Linus", "il manifesto", "Panorama", "Millelibri", l'"Unità".
Nel 1991 è apparsa da
e/o una sua raccolta di racconti brevi dal titolo Basta poco per sentirsi soli. È anche autrice di un romanzo, "Fatiche d'amore perdute", pubblicato da Longanesi nel 1993.

*****

[...] Ma, a parte il fatto che ci sono ancora alcuni recensori, diciamo meglio cronisti letterari (non tanti: non oltre, temo le dita di una mano), che sono indipendenti (da ogni medium) e di qualità (e le due cose paiono andare di pari passo), mi interessa qui soffermarmi su un punto nodale, che viene tenuto in sordina nelle polemiche in corso: come dovrebbe presentarsi una recensione per essere di qualche utilità al lettore (alludo a quelle, inevitabilmente brevi, che appaiono sui quotidiani. Quelle sulle riviste meriterebbero un discorso a parte, anche questo fitto di dolenti note).

Prendo spunto da un pezzo di Geno Pampaloni (che è uno delle dita della mano, con l'unica pecca di privilegiare troppo, nei romanzi di cui si occupa, le note di speranza e di conciliazione, a scapito di tonalità più disperate) apparso sul mensile "L'indice" dello scorso febbraio. Cito dalla conclusione: "L'arma segreta di cui dispone il cronista, o se si vuole l'arte del recensore, è la scelta delle citazioni... Un recensore si valuta, a mio parere, dalla scelta, dal florilegio, dal prelievo delle citazioni attraverso le quali il cronista dà conto della sua lettura. E al tempo stesso mette il lettore nella condizione di giudicare egli stesso se l'interpretazione del cronista è convincente o arbitrariamente personale".

E oltre alle citazioni, a me sembra altrettanto indispensabile informare sinteticamente (lo spazio è quello che è) sul contenuto del libro, trama o plot che dir si voglia (la sua assenza dà adito ai più biechi sospetti: il libro è stato veramente letto da cima a fondo?). Cui seguirà, ma già dovrebbe emergere dalla trama inframmezzata di citazioni, il giudizio, che sarà, inevitabilmente, impressionistico, dettato dall'intuito, dal gusto e dall'esperienza: cos'altro mai potrebbe essere? (Anche su questo punto ha ragione Pampaloni). Il tutto scritto in modo chiaro, non certo da addetti ai lavori che ammiccano tra di loro per l'infelicità dei più. La recensione ispirata a questi criteri sarà un po' vecchiotta, di stampo decisamente tradizionale, ma mi pare sia l'unica che renda un servizio al lettore, fornendogli i motivi per andarsi a leggere il libro o per evitare di farlo.

Non dico certo cose stuzzicanti o nuove: basti pensare che le aveva già dette, e da par suo, nel 1960 Paolo Milano (un critico militante che col passare del tempo si rimpiange sempre di più e che a sua volta si definiva "cronista letterario") introducendo una scelta dei suoi articoli dal titolo Il lettore di professione: "Ho sempre sentito il dovere d'esporre la trama del romanzo che recensisco. L'omissione spalanca una distanza fra chi scrive e chi legge, il primo diventa un esperto, al quale il secondo è chiamato a credere sulla fiducia. Non penso di aver mai scritto un articolo che non contenga qualche citazione diretta. Questo mi è sembrato un mio obbligo verso l'autore del libro: che la mia voce non fosse l'unica udibile, ma anche alla sua fosse dato di farsi ascoltare, per qualche istante, in prima persona".

E poi, dopo aver dichiarato la sua scelta di uno stile piano e dichiarativo, Milano attacca il gergo critico, che gli pare "un sopruso intellettuale": "Tanta letteratura critica somiglia oggi ai verbali di una setta, scritta da letterati per altri letterati". Sono frasi che ogni critico esordiente dovrebbe imparare a memoria. [...]


scheda

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