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giovedì 8 marzo 2012

lettura del mese

Federica Tessari
3 C Liceo Scientifico B. Cairoli
Recensione sul libro “Nati due volte” di Giuseppe Pontiggia

Un libro contemporaneo ai nostri tempi, Giuseppe Pontiggia ci racconta la sua esperienza di aver cresciuto un figlio con degli handicap attraverso il protagonista del libro, il professore, di Storia dell’Arte, Frigerio. La storia incomincia con un episodio, a suo dire quotidiano, in cui capiamo per la prima volta di essere a confronto con un padre abituato ormai agli imprevisti che possono capitare nei luoghi pubblici e agli sguardi di compassione, e un figlio con degli effettivi e tangibili problemi. Poi si torna indietro nel tempo, con un flashback e da qui si incomincia piano piano a comprendere tutte le sofferenze di tutti gli anni passati. “Io che avanzo nella cappella della clinica, in un brulichio di luci colorate, sono io che mi sto inginocchiando su una panca di legno lucida, sembra una chiesa artificiale, mi sento un attore che rilutta a recitare una parte, perché si trova li?, non è la sua parte. Invece è la tua, è finito il tempo della commedia, ora è cominciata la tragedia. Hai già vissuto momenti simili a questo, è come se rispondessi a un appello, l’hai sempre detto, fare fronte, stai barattando con Dio, non la vedrai per un mese, no, è troppo, tre settimane, chiudi gli occhi, se tutto sta andando cosi è anche per colpa tua, non solo della medicina ufficiale, dov’eri quando te ne parlavano e tu eri assente? Non vederla più, no, non ti è richiesto, saresti infelice, sarebbe peggio per tutti. Senti una voce dentro di te, priva di suoni, che ti risponde sì, è come se qualcuno annuisse, non lo meriti, ma l’hai ottenuto, ti fai il segno della croce, mormori grazie.” Questo è il momento seguente la tragedia del parto. La moglie e la suocera del professore si oppongono al parto cesareo con tutte le loro forze a tal punto da portare a termine un parto naturale con conseguenze tragiche. Il bambino appena nato sarà affetto da deformità del cranio e disturbi dell’aspetto fisico e difficoltà nel linguaggio. Dopo all’attribuzione delle colpe tra moglie e marito si passa all’incessante speranza di trovare un po’ di normalità in un figlio non considerato come tale. “Che cosa è normale? Niente. Chi è normale? Nessuno. Quando si è feriti dalla diversità, la prima reazione non è di accettarla, ma di negarla. E lo si fa cominciando a negare la normalità. La normalità non esiste. Il lessico che la riguarda diventa a un tratto reticente, ammiccante, vagamente sarcastico. Si usano, nel linguaggio orale, i segni di quello scritto: “I normali, tra virgolette”. Oppure: “I cosiddetti normali””. In questo modo entrambi i genitori, seguendo lezioni ai centri specializzati, ascoltando mille e mille pareri di medici finti esperti, adottano un metodo, forse il più efficace nel momento in cui capiscono che non c’è una via del ritorno alla normalità. “Ha perso il sapere del corpo e deve ricostruirlo con la mente. Un lavoro di milioni di anni in un decennio: simulando la naturalezza, imitando la tempestività, fingendo la immediatezza. La seconda nascita in un mondo per il quale anche noi stiamo diventando disabili.” E proprio in questo modo, il professore si esercita ad allenare l’intelligenza del figlio pur essendo ostacolato da difficoltà oggettive. L’autore ci racconta episodi, aneddoti di vita, esperienze familiari alla fine elabora un concetto-chiave fondamentale per la lettura di questo libro: “Questi bambini nascono due volte. Devono imparare a muoversi in un mondo che la prima nascita ha reso più difficile. La seconda dipende da voi, da quello che saprete dare. Sono nati due volte e il loro percorso sarà più tormentato. Ma alla fine anche per voi sarà una rinascita”. E cosi Pontiggia-Frigerio trae le sue conclusioni e le sue riflessioni personali sulla sua esperienza. “Non voglio arrendermi. È la mia debolezza. Nella vita, quando non c’è alternativa, ci si arrende. Molti non aspettano altro. Vivono per arrendersi. Ecco, mi sta riuscendo il gioco. Ingigantisco i difetti degli altri per rimpicciolire i miei. Perché non voglio arrendermi? È per me? No, rispondo ad alta voce, è per lui. Lui mi guarda stupito, vedendomi parlare da solo. No, penso, è per me. Lui in questo momento ha paura e deve esserci una ragione. Anche io dovrei avere ragione. Sono il suo nemico. E anche il mio.” Ne fa, dunque diventare una sfida per sé stesso, per le sue capacità di essere un umano normale, come suo figlio, e forse con la capacità di avere una sopportazione del dolore che grazie all’amore riesce a superare. Inoltre ha una discussione molto accesa con un collega della sua stessa scuola che non comprende i problemi di un’ alunna e cosi per la prima volta di confronta con delle persone che ignorano i problemi reali della vita di un handicappato e di ciò che lo circorda.“La sua visione della Storia lo induceva a immaginare l’uomo nuovo come uno di quei mostri extraterrestri che hanno il cranio enorme e le gambe filiformi. La testa doveva infatti accumulare l’esperienza dei millenni, mentre il corpo replicava la fragilità del bambino. Scoprire invece che ricominciavano daccapo gli aveva fatto vedere nella luce del tramonto quel mondo che gli altri vedevano nella luce dell’alba.” Questo libro mi è piaciuto molto. Non saprei trovare momenti in cui la lettura era noiosa oppure monotona. Mi ha appassionato, mi ha reso partecipe alla storia, mi ha avvicinato al mondo delle sofferenze di un padre con un figlio menomato. Sono soddisfatta quando un libro che dovrei leggere per obbligo diventa un libro per il piacere di leggerlo. Sul tipo di scrittura non ho niente da dire, è scorrevole, fa emozionare, le frasi sono d’effetto e colpiscono. È un libro che fa pensare e ti lascia qualcosa appena finisci di leggere le ultime parole dell’ ultimo capitolo.

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