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sabato 10 marzo 2012

Musica-Madrigale-Petrarchismo e Petrarca

Questa forma musicale in realtà né indica due diverse e fiorite anche in due epoche diverse; e cioè abbiamo il “Madrigale” come forma della “Ars Nova“ nel 1300, quindi nel periodo nel quale si avvertiva la fine del Medio Evo, e nel quale si sviluppavano forme musicali nuove (l’“Ars Nova”, appunto), che possedevano un carattere non sacro, ma laico, cosiddetto “profano“; l’“Ars Nova” si sviluppava in Francia e possedeva un repertorio polifonico assai vario; tramite gli stretti rapporti Franco–Italiani che esistevano per il fatto che la Sede del Papato era in Avignone, giunse facilmente nel Nord-Italia. L’“Ars Nova” italiana non era religiosa, come quella francese, ma praticava il “Madrigale laico”, a due o a tre voci, e anche la “Ballata”. Diciamo, allora che il “Madrigale del’300”, è la prima forma di musica non sacra, non religiosa italiana, eseguito nelle case private e ascoltato e praticato dai giovani all’aria aperta o appunto nelle case signorili, alla presenza di un gruppo di amici. Gli argomenti erano quelli dell’amore cortese, rivolto quindi all’intrattenimento di una ristretta cerchia di persone, ma vi erano anche temi di carattere bucolico; era costituito sul modello metrico della ballata o anche dello strambotto: la musica era per due voci o la melodia delle strofe era differente dal ritornello. L’origine della parola “Madrigale” potrebbe essere “Matricalis” cioè “nella lingua materna” e quindi voleva dire che era scritto in una lingua “volgare” e non religiosa; altri invece fanno risalire il termine a “Mandrialis” perché in molti componimenti prevale l’aspetto Pastorale-amoroso, (mentre in altri esclusivamente quello erotico). La forma metrica del Madrigale del 300 era fatta di due terzine settenari (oppure di endecasillabi), che venivano chiusi da un verso che costituiva il ritornello, ripetuto da una terzina e l’altra; uno schema Bipartito AB, sostanzialmente, con diverse stanze fatto di terzine e ritornello. Tutti i Madrigali erano a due voci o anche a tre voci, e, seguendo la tradizione medioevale, una voce era melodicamente preminente, (Superior) movendosi con maggiore libertà di ornamenti melodici, mentre la voce inferiore era solo di appoggio, di complemento (inferior). Grandi compositori di Madrigali nel 300 furono Francesco Landini di Firenze, cieco dalla nascita, e Iacopo da Bologna. Il Madrigale poi decadde, soppiantato da un prodotto più nazionale quale fu la “Trottola” forma più semplice e a quattro voci, con strumenti di accompagnamento quali il Liuto rinascimentale. Nel 1500 rinasce il Madrigale e abbiamo la seconda forma di cui dicevamo all’inizio del nostro discorso; rinasce con la stessa aulicità di quello del trecento, a livello di testi e di musica, ma i caratteri sono nettamente diversi; il Madrigale del 1500 è metricamente libero, formato da una sola Stanza, di sei o dodici versi ci sono quattro voci non è più un componimento a strofe, (è, appunto, astrofico ) e vi prevale il verso endecasillabo e più raramente il settenario o il quinario, con una aderenza maggiore della musica al significato della parola. Nel 1550, da quattro voci, il madrigale passa a cinque voci cade la voce superiore. Quindi nel periodo del ‘500-‘600 prevale il madrigale anche grazie alla diffusione del Petrarchismo (fenomeno internazionale di imitazione della poetica di Francesco Petrarca), nasce anche il termine “madrigalismo” ovvero quando un testo musicale è strettamente aderente al testo poetico, non solo dal punto di vista musicale, ma anche da quello grafico (può essere definita infatti una musica visiva); ovvero, non è solo la musica che esprime emotivamente i contenuti del testo, ma è lo stesso andamento delle note che richiama alcuni concetti. La varietà metrica del testo inoltre stimola il musicista a nuove soluzioni musicali, verificando le capacità espressive; ha quindi capacità illustrativa. È presente quindi un netto distacco con il madrigale del '300. Per Petrarca la musica era molto importante, egli stesso inviava ad amici "cantori" non solo i testi concepiti nelle forme "per musica" (madrigale e ballata), ma anche quelli dei suoi sonetti, perchè venissero "vestiti", cioè musicati, o meglio eseguiti accompagnandoli ad una melodia. Oltre a coltivare la musica, Petrarca ne considera anche aspetti teorici quali il ruolo e gli effetti. Infatti in una delle lettere familiari (libro XIII, 8) scrive: "Canti, suoni, armonia di corde e liuti, ond'io già provai tanta dolcezza, che s’è parea rapirmi fuor di me stesso, qui (in Valchiusa) non avvien che si sentano". Anche in Rime, Prose, Epistole celebra gli effetti potenti e vari della musica sull'anima: gioia, sollievo dalle cure, elevazione, ma anche vana allegrezza e scarsa devozione. Dunque Petrarca nella sua vita coltivò un costante rapporto con la musica e vi si avvicinò con un diverso tipo di approccio rispetto a Dante Alighieri, una differenza questa che rispecchia il mutare dei tempi, il passaggio cioè dal Medioevo all'Umanesimo. Rispetto a Dante la considerazione della musica in Petrarca perde, infatti, ogni connotazione "metafisica" e ogni caratteristica di armonia universale. La musica che interessa a Petrarca sta già subendo quel processo di laicizzazione ed umanizzazione che coinvolge tutta la cultura dell'epoca nel passaggio dal mondo teocentrico medievale a quello umanistico, antropocentrico. Se la musica si vede "negato" l'universo, essa viene però maggiormente a contatto con l'intimo, con l'"io.

1 commento:

  1. letto,se riusciamo a trovare i testi di Petrarca musicati possiamo ascoltarli in classe,non si sa mai

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