Cerca nel blog

giovedì 8 marzo 2012

Riassunto novelle lette di Boccaccio

-Ser ciappelletto

Ser Ciappelletto è un falsario, un abile bugiardo, un assassino, bestemmiatore, traditore della Chiesa e della religione (che naturalmente non segue), ladro e anche un accanito bevitore di vino. Egli viene assunto da Musciatto Franzesi per la gestione dei suoi diversi affari sparsi in diverse regioni. Durante il suo viaggio, trova accoglienza in casa di due fratelli usurai e qui è vittima di un malore. I due proprietari, timorosi delle ripercussioni che la diffusione della notizia della morte di un personaggio simile nella loro abitazione senza l’estrema unzione avrebbe comportato, cominciano a interrogarsi sul da farsi. I loro dialogo, però, non sfugge alla orecchie vigili del moribondo, che rassicura i suoi ospiti garantendo loro nessuna preoccupazione futura. Proprio per questo motivo, ordina di far venire un parroco, il più “santo”possibile, per una sua prima ed ultima confessione. Durante la visita del prete, Ciappelletto gli fa credere di essere un uomo timoroso di Dio, frequentatore della Chiesa nonché cristiano abituato a fare l’elemosina, ad ammonire i peccatori più spudorati a svolgere accuratamente ogni più piccola azione ed ogni più minuscolo pensiero in base alle leggi del Signore. Il frate, stupito, dopo la morte dell’uomo, raccoglie tutti i suoi fratelli in riunione per lodare il defunto. I due usurai, intanto, preparano, servendosi dei soldi di Ciappelletto stesso, il suo funerale.

-Lisabetta da Messina

È una giovane e bella ragazza che viveva a Messina insieme ai suoi tre fratelli, mercanti di professione, arricchiti dall'eredità del padre; nonostante fosse una bella ragazza, non si era ancora sposata, ma presto s'innamorò di un aiutante dei fratelli di nome Lorenzo, che le dimostrò subito di contraccambiare i sentimenti. Una sera uno dei tre fratelli scoprì casualmente la relazione tra i due ragazzi e, quando la mattina seguente ne parlò con gli altri, tutti insieme decisero di far finta di non sapere nulla, almeno finché non avessero eliminato definitivamente colui che rappresentava una vergogna per la sorella e per tutta la famiglia. Così un giorno i tre condussero con l'inganno Lorenzo fuori città, l'uccisero e poi lo seppellirono; tornati in città dissero di averlo mandato lontano per portare a termine alcuni affari, e visto che erano soliti farlo, furono creduti. Elisabetta, vedendo che Lorenzo non tornava, cominciò a chiedere sue notizie ai fratelli in maniera sempre più insistente, finché una notte lui le apparve in sogno: le disse che i suoi fratello lo avevano ucciso, e che perciò non poteva più tornare; le indicò però il luogo in cui era sepolto e poi scomparve. Il giorno seguente si diresse verso il luogo che Lorenzo le aveva indicato in sogno e trovato il corpo ne tagliò il capo e lo portò con sé. Arrivata casa mise la testa dell'amato in un vaso, riempì questo di terra e vi piantò numerosi rami di basilico, che innaffiò per lungo tempo con le proprie lacrime; questo comportamento fu notato da alcuni vicini, i quali informarono i tre fratelli che, dopo aver più volte rimproverato la ragazza, decisero di sottrarle il vaso. Elisabetta continuò a chiedere con insistenza la restituzione del vaso, continuando a piangere e ammalandosi. I fratelli, incuriositi da queste continue richieste, guardarno all'intero del vaso e subito trovarono sul suo fondo i resti della testa di Lorenzo, e per paura che questo fatto si venisse a sapere, trasferirono tutti i propri affari a Napoli. Nel giro di poco tempo, Elisabetta morì continuando a domandare del vaso.

-Andreuccio da Perugia

Un giovane di nome Andreuccio, mercante di cavalli, decise di andare a Napoli per acquistare animali di buona razza. La mattina dopo del suo arrivo, andò al mercato e dove una bellissima giovane siciliana diede un’occhiata alla sua borsa che conteneva fiorini d’oro. Andreuccio, al mercato, incontrò anche una vecchia che era stata una sua nutrice. Quando la vecchia se ne andò, la giovane la raggiunse volle sapere ogni particolare del passato di Andreuccio. Arrivata a casa, la ragazza mandò una sua cameriera all’albergo dove alloggiava il giovane, con l’incarico di invitarlo a casa. Andreuccio, ricordando la bellezza della donna, vi andò subito e segui la cameriera. La siciliana, che era una donna di malaffare, vedendolo arrivare gli corse incontro e lo guidò dentro la sua casa. La ragazza raccontò ad Andreuccio che aveva sentito la conversazione con la vecchia ed era riuscita a capire che lui era suo fratello. Avvalendosi di quanto aveva saputo dalla vecchia, gli domandò poi dei suoi parenti con tanta precisione, che Andreuccio fu certo d’aver trovato una sorella. Fiordaliso lo convince a restare con lei per cena e, avendo fatto notte fonda, restò anche a dormire. Venuta l’ora di andare a dormire, Andreuccio entrò nella sua stanza e un giovane gli indicò ogni cosa, soprattutto il bagno. Ma appena dentro, il pavimento, che funzionava come trabocchetto, si ribaltò e cadde dove era depositato dello sterco. Mentre Andreuccio chiedeva aiuto inutilmente, la “sorella” si impossessava della sua borsa con i 500 fiorini d’oro. Vedendo che nessuno compariva, iniziò a fare rumore, finché si affacciò un gigante barbuto che, con voce cavernosa, spaventò e fece fuggire Andreuccio. Per la strada incontrò due uomini e dopo che Andreuccio ebbe raccontato quello che gli era accaduto, i due decisero di portarlo con sé a fare un grosso colpo. Ma i due vollero che si ripulisse un poco e andarono a un pozzo poco distante. Però giunti al pozzo, mancando il secchio, legarono Andreuccio saldamente in vita e lo fecero scendere finché cominciò a lavarsi. Mentre i due aspettavano, spuntarono due guardie che venivano al pozzo per bere. I due compari decisero di scappare rapidamente. Quando, le due guardie, incominciarono a tirare la fune, in capo alla quale si aspettavano un secchio pieno d’acqua, spuntò Andreuccio che riuscì ad afferrarsi al parapetto per non ricadere in fondo al pozzo. Le guardie infatti, terrorizzate, avevano mollato la fune e se l’erano data a gambe. Andreuccio prese la prima strada che si trovò davanti e andò vagando a caso, finché si incontrò coi due di prima che veniva a recuperarlo dal pozzo. L’impresa, alla quale si era offerto di partecipare Andreuccio, riguardava lo spogliare la salma del monsignore Filippo Minatolo dai ricchi ornamenti, in particolare un prezioso anello con un rubino del valore di 500 fiorini d’oro. Arrivati al duomo, entrarono, sollevarono il coperchio della tomba e ci fecero entrare Andreuccio. Appena dentro, tolse l’anello al morto e se lo mise al dito; poi gli passò tutti gli altri preziosi. Andreuccio, fece credere ai due che l’anello non c’era. Convinti di questo i due birboni tolsero il puntello che sosteneva il coperchio, il quale ricadde rinchiudendo Andreuccio insieme al morto. Ma, dopo inutili sforzi per sollevare il coperchio, sentì della gente che era venuta lì per rubare,anche loro, i gioielli dell’arcivescovo. Dopo aperto il coperchio e deciso chi doveva entrare, un ladro si calò dentro ma Andreuccio lo prese per i piedi e incominciò a tirarlo. L’altro sgusciò fuori e si diede alla fuga insieme ai suoi compagni. Uscito dal duomo, andò in albergo, dove, pagò il conto e si diresse verso Perugina.

-Nastagio degli Onesti

Un nobile ravennate, Nastagio degli Onesti, nonostante fosse ancora molto giovane, si ritrovò ricchissimo in seguito alla morte del padre e dello zio; presto s'innamorò di una ragazza di un'ancora più nobile famiglia, quella dei Traversa, e per attirare la sua attenzione, cominciò a spendere smisuratamente in banchetti e feste.
La giovane però non si mostrò mai interessata all'amore del ragazzo, e per questo lui più volte si propose di suicidarsi, di odiarla o di lasciarla stare, ma mai riuscì nei suoi propositi. Vedendo che, seguendo questo suo sogno, Nastagio si stava consumando nella persona e nel patrimonio, i suoi amici e parenti gli consigliarono allora di andarsene da Ravenna, in modo che riuscisse poi a dimenticare il suo amore inappagato; il ragazzo, non potendo continuare ad ignorare questo consiglio, si trasferì a Classe, poco lontano dalla sua città. Un venerdì all'inizio di Maggio, Nastagio, addentratosi nella pineta, vide una ragazza correre nuda e in lacrime, inseguita da due cani che la mordevano e da un cavaliere nero che la minacciava di morte: lui si schierò a difesa della fanciulla ma l'uomo a cavallo, dopo essersi presentato come Guido degli Anastagi, disse a Nastagio di lasciarlo fare in quanto, essendo in realtà già morto per essersi suicidato, stava solo scontando la propria pena infernale, accanendosi su colei che disprezzando il suo amore lo aveva portato a togliersi la vita. Rassegnatosi al volere divino, assisté allo strazio del corpo della giovane da parte del cavaliere, al termine del quale i due furono costretti a ricominciare da capo il loro inseguimento, fino a fuggire dalla vista di Nastagio. Il ragazzo decise allora di approfittare di questa situazione, e perciò invitò i propri parenti e la sua amata con i suoi genitori a banchettare in quel luogo il venerdì seguente.
Come Nastagio aveva previsto, alla fine del pranzo si ripeté la scena straziante alla quale lui aveva assistito una settimana prima, e questa ebbe l'effetto sperato, infatti, la giovane Traversa, ricordandosi di come aveva sempre calpestato l'amore che il padrone di casa provava nei suoi confronti, per paura di subire la stessa condanna acconsentì immediatamente a sposare Nastagio, tramutando il proprio odio in amore.

-Federigo degli Alberighi

Federico degli Alberighi, un ricchissimo nobile di Firenze si innamorò di monna Giovanna, una delle donne più belle della Toscana. Per sedurla organizzò feste in suo onore e le fece doni fino a sperperare tutti i suoi averi e senza suscitare in lei nessuna attrazione. Si ridusse così a possedere solo un piccolo podere ed un falcone, uno dei migliori del mondo che gli permettevano di sopravvivere. Avvenne però che il marito di monna Giovanna morì e questa andò a trascorrere l'estate con il figlio in una tenuta vicino a quella di Federico. Questo e il ragazzo fecero presto la conoscenza, grazie al grande interesse del giovane per il falcone. Il figlio di Giovanna si ammalò e quando gli chiese cosa lui desiderasse, quello rispose che se avesse avuto l'uccello di Federico sarebbe sicuramente guarito. Il giorno dopo la madre si recò da Federico con una altra donna, non senza vergogna di andare a chiedere a lui che a causa sua si era ridotto in miseria una cosa così preziosa. L'accoglienza fu calda, le donne dissero che si sarebbero fermate per la colazione, ma l'uomo non trovando niente da cucinare tirò il collo al falcone e lo servì a tavola. Il pasto trascorse piacevolmente, fino a quando monna Giovanna, raccolto il coraggio, chiese il falcone per il figlio moribondo. Federico scoppiò a piangere davanti a lei e le spiegò che glielo avrebbe donato volentieri se non lo avesse usato come vivanda per la colazione uccidendolo proprio perché non aveva niente altro di adatto ad una donna come lei. Giovanna tornò a casa commossa per il gesto dell'uomo ma sconsolata e nel giro di pochi giorni il suo unico figlio morì, forse per la malattia, forse per il mancato desiderio dell'uccello. Essendo però ancora giovane venne spinta dai fratelli a risposarsi per dare un erede ai beni acquisiti dal defunto marito. La donna non fu molto contenta del desiderio dei suoi fratelli, ma essendo obbligata scelse come sposo Federico per la sua generosità, facendolo finalmente ricco e felice

-Frate cipolla

A Certaldo alcuni frati di S. Antonio ogni anno andavano a chiedere , verso i primi giorni d’agosto, elemosine ai contadini. Cipolla fu un tipo allegro, brigante e pur non avendo ricevuto nessuna istruzione seppe parlare molto bene. Una mattina, alla messa della canonica, frate Cipolla ricorda ai cittadini delle loro offerte ma, dice loro, che come ricompensa S. Antonio avrebbe vegliato sui loro animali e promette anche che alle 3 del pomeriggio avrebbe mostrato loro la piuma dell’ angelo Gabriele come riconoscenza per le offerte donate. Due amici del frate, sentendo ciò, decisero di fargli uno scherzo. A mezzogiorno, il frate andò a mangiare in un ristorante e lasciò il suo servo a curare la reliquia. I due briganti si organizzarono in modo tale che uno dei due avrebbe distratto il servo e l’altro avrebbe preso la piuma sostituendola con altro. Il servo di frate Cipolla vide che nella stanza c’era Nuta, un’altra serva che lavorò in quel posto e che fisicamente si presentava come una donna grassa, grossa e bassa. Il servo di Cipolla cominciò a “corteggiarla”. I due amici vedendo che il servo era già occupato, ne approfittarono per prendere la reliquia contenuta in una cassetta e, al suo posto, misero dei carboni che avevano trovato. Frate Cipolla,dopo essere tornato dal ristorante si mise a dormire e, svegliatosi alla buon ora prese la cassetta contenente i carboni e si diresse in piazza arrivando dai contadini ansiosi di vedere la reliquia e cominciò il suo discorso. Aprendo la cassetta scoprì che al posto della piuma erano presenti dei carboni; allora s’inventò una scusa per non fare brutta figura dicendo ai contadini che lui era in possesso sia della piuma che delle ceneri di S. Lorenzo, ma per volere di Dio aveva preso la cassetta sbagliata contenente le ceneri del martire (scelta voluta perché essendo i primi d’agosto Dio volesse aver voluto ricordarne il martire, visto che S.Lorenzo è il 10 agosto). Iniziò a parlare del suo viaggio in terra santa raccontando come aveva fatto a venire in possesso di queste ceneri. Infine aggiunse che chi si fosse fatto fare il segno della croce con le ceneri non avrebbe più ricevuto scottature per un anno. Detto ciò li fece mettere in fila e li segnò delle croci con le false ceneri e i contadini donarono più offerte per il regalo donato loro. I due amici vedendo la scena si piegarono in due dalle risate e per le scuse che si era inventato il frate. Una volta che tutti i contadini tornarono a casa i due amici andarono da frate Cipolla ancora ridenti a restituirgli la piuma dell’angelo e gli raccontarono dello scherzo pianificato.

-Peronella

Un muratore che viveva a Napoli era sposato con una bella donna di nome Peronella, la quale era innamorata di un giovane che si chiamava Giannello. Tutte le mattine il marito andava a lavorare e la moglie incontrava Giannello nella sua casa, ma un giorno inaspettatamente tornò a casa prima e una volta bussato all’uscio, Peronella fece nascondere Giannello dentro un tino. Lei si finse sorpresa del suo arrivo e chiedendo spiegazioni seppe che aveva concluso un affare vendendo un tino per cinque gigliati, così lei, per non farsi credere meno furba disse che anche lei aveva venduto un tino però a sette gigliati a un uomo che aveva voluto entrarci dentro per vedere se era sano. In quel momento uscì Giannello fingendosi il compratore e disse che gli sembrava un po’ sporco, perciò la donna fece entrare il marito per pulirlo e nel frattempo se la spassò con il giovane, poichè per l’arrivo improvviso del marito non aveva potuto farlo la mattina e quando finì, Gianello pagò i sette gigliati e se ne andò via felice.


-Griselda

Gualtieri, marchese di Saluzzo, spinto dai suoi sudditi a sposarsi contro il suo volere, sceglie in sposa una poverissima ragazza di nome Griselda. Questa si rivela così dolce, buona e gentile e si comporta con tanta dignità e onorevolezza, che tutti ben presto imparano a volerle bene. Dopo un giusto intervallo di tempo nasce una bambina. Gualtieri è felice ma decide di mettere alla prova la pazienza della moglie per vedere se davvero è obbediente e del tutto sottomessa ai suoi voleri. Prima comincia dicendo che tutti parlano male di lei perchè è di origine plebea. Anche la bambina non è vista di buon occhio proprio perchè è figlia sua e lui è criticato perchè l'ha sposata e forse rischia il trono. Poi le manda un "famigliare " che le porta via la bambina facendole credere che il padre la vuole morta. Griselda, pur soffrendo molto, non si ribella: chiede solo che sia sepolta, sempre se il marito non abbia ordinato altrimenti. Poi nasce un maschio e, dopo la gioia iniziale, Gualtieri ricomincia col suo giochetto e glielo fa portar via. Anche questa volta Griselda soffre in silenzio. In realtà Gualtieri ha mandato i figli a Bologna dove li fa allevare da una sua parente, ma nessuno lo sa, nemmeno i sudditi che lo criticano molto per questa sua crudeltà. Lui, apparentemente, non dà retta a nessuno e, pur essendo molto colpito dalla "costanza" della moglie che di lui dice solo bene, non rinuncia al suo progetto. Ormai sono passati tredici anni e Gualtieri decide di sottoporre Griselda all'ultima prova: la fa convocare davanti a tutta la corte e le dice che ha chiesto al Papa la dispensa per sposare un'altra donna, una nobile, perchè lei è di troppo bassa condizione per lui. Ora che il Papa gli ha dato il permesso lei deve immediatamente andarsene da palazzo così come vi era entrata. Griselda, che il giorno delle nozze Gualtieri aveva fatto rivestire da capo a piedi prima di portarla via dalla sua misera casetta, chiede solo, se possibile, di potersene andare in camicia e non nuda come vi era entrata, perchè non è bene nemmeno per lui che i suoi sudditi vedano nuda la madre dei suoi figli e perchè l'unica dote che aveva portato con sè era la sua verginità che lui non le può più restituire. Gualtieri, generosamente glielo concede. Griselda torna in silenzio dal padre, che da tempo si aspettava una cosa del genere. Dopo un po' di tempo Gualtieri fa venire di nascosto da Bologna i suoi figli, dicendo a tutti che la fanciulla sarà la sua nuova sposa e che è la figlia dei Conti da Panago. Poi fa chiamare Griselda e le ordina di mettere in ordine il palazzo e di preparare tutto alla perfezione per le nuove nozze. Griselda obbedisce senza fiatare. Il giorno del banchetto tutti ammirano la giovinetta, anche Griselda che dice che è bellissima. Gualtieri la fa chiamare e le chiede cosa ne pensa della sua scelta questa risponde che la fanciulla è bellissima ma lo prega di risparmiarle le "punture" che ha dato a lei perchè si vede che è stata allevata "nelle delicatezze" e non in "continue fatiche" come lei e non ce la farebbe a sopportarle. Finalmente Gualtieri considera felicemente concluso il suo esperimento e le rivela la verità: quelli sono i suoi figli, lui l'ama più che mai e ora torneranno tutti assieme e vivranno per sempre felici e contenti. Era solo uno scherzo. Voleva solo mettere alla prova la sua "obbedienza" e la sua "costanza"!

-Dianora

Nella città di Udine viveva insieme al marito Gilberto, donna Dianora, la quale era desiderata ardentemente da messer Ansaldo Gradense. La donna, stanca delle incessanti proposte e regali fatti da Ansaldo, decide di porre fine a questo tormento: riferisce ad Ansaldo che, se fosse riuscito, nel mese di gennaio in cui erano, a far fiorire il suo giardino come nel mese di maggio, lei lo avrebbe amato, mentre se non riusciva nell’intento, avrebbe dovuto per sempre dimenticarla. Il povero innamorato, dopo infinite ricerche, riesce a trovare un negromante capace di tale magia e così vedendo il giardino in fiore, Dianora si rassegna e racconta la promessa al marito. Gilberto, sebbene avesse reagito con l’ira, capisce che Dianora aveva fatto la promessa innocentemente e, conoscendo la purezza dell’animo della moglie, la invita a recarsi da Ansaldo per scogliere la promessa, ma se questo non fosse accaduto, l’avrebbe lasciata andare via con lui. Recatasi Dianora da Ansaldo e riferitegli le parole del marito, questi comprendendo la magnanimità di Gilberto e non volendo privare la sua amata dell’amore del marito, scoglie la promessa e la lascia andare. L’episodio sembra coinvolgere anche il negromante lì presente che, di fronte a tanta liberalità, segue l’esempio e rifiuta la ricompensa pattuita per far fiorire il giardino.

-Cavalcanti

Un'usanza dell’aristocrazia di Firenze era quella di formare liete brigate di gentiluomini, cui partecipavano anche gentiluomini forestieri. Una di queste brigate di giovani cavalieri era capeggiata da Betto Brunelleschi, un giovane coraggioso, il quale desiderava che nel gruppo entrasse il celebre poeta e filosofo Guido Cavalcanti: per dare prestigio alla brigata. Un giorno, Cavalcanti si trovava dalle parti di San Giovanni, dove a quel tempo c'era il camposanto con grandi sarcofagi di pietra. Passava di lì la brigata di Betto Brunelleschi che pensò di andare a punzecchiare il poeta. Tutti gli si avvicinarono stringendolo con i cavalli contro i sarcofagi di pietra e si misero quindi a scherzare e a prenderlo in giro. Allora il poeta disse: «Egregi signori, a casa vostra voi potete dire tutto quello che vi piace» e se ne andò. I giovani non capirono, ma Betto Brunelleschi, che era il più sveglio di tutti, spiegò: «Guido ci ha offeso con eleganza infatti ci ha detto che siamo come dei morti perché siamo ignoranti e di conseguenza noi qui al camposanto siamo come a casa nostra». Da quel giorno nessuno della brigata osò più infastidire il poeta

2 commenti:

  1. letto ed approvato: allora facciamo sul serio!attenta a controllare i tempi narrativi quando fai la sintesi...

    RispondiElimina
  2. -Agilulfo, il re barbiere
    Questa novella è ambientata all'epoca del re longobardo Agilulfo e della regina Teodolinda. Il protagonista è uno stalliere, uomo di umili origini, ma di bell'aspetto e di grandi qualità interiori. Era al servizio della regina e di essa si innamorò perdutamente ma da uomo saggio non le rivelò in nessun modo i suoi sentimenti.con il passare del tempo nascondere il desiderio nei confronti della donna amata era diventato per lui insostenibile al punto di desiderare la morte. Voleva però un tipo di morte che rendesse esplicito l'amore che provava per la regina e concluse che la sua morte poteva essere tale da permettergli di soddisfare il suo desiderio. Così una notte, egli già bello e imponente nell'aspetto fisico quanto il re, imitandolo nel vestire e negli atteggiamenti, entrò nella camera della regina e consumato il suo desiderio amoroso, tornò al suo alloggio. Quando la stessa notte il re facendo visita alla moglie, la trovò stupita di rivederlo realizzò che era stata ingannata. Per evitare lo scandalo non disse niente ma andò a cercare direttamente l'impostare e identificatolo dallepulsazioni cardiache accelerate, non fece altro che tagliargli i capelli da una parte per poterlo riconoscere la mattina seguente. Lo stalliere astutamente, accortosi del piano, fece altrettanto a tutta la servitù. L'indomani il re non poté fare a meno di riconoscere l'ingegno del ragazzo avendogli impedito in questo modo di punirlo.

    -Calandrino
    A Firenze, un "dipintore" chiamato Calandrino ha per amici altri due "dipintori": Bruno e Buffalmacco, uomini molto più furbi di lui e che spesso lo prendevano in giro approfittando della sua stupidità. Trovandolo nella chiesa di S. Giovanni ad osservare il Tabernacolo coinvolgono in un crudele scherzo. Maso, un altro amico, illustra a Calandrino le virtù delle pietre preziose che si trovavano in terre lontane come la famosa terra di Bengodi nella quale si legavano le vigne con le salsicce e vi era una montagna di formaggio parmigiano grattugiato sopra la quale vi erano persone che cuocevano maccheroni in brodo di cappone e li buttavano giù. In questo paese vi era ovviamente un fiume di vernaccia. Molto interessato Calandrino chiede dove fosse tale paese. La risposta di Maso conferma i dubbi dell’uomo: è lontano più di "millanta" miglia, "più là che Abruzzi". Comunque pietre preziose si trovano anche vicino la città: nel Mugnone. Fra queste pietre vi è l’elitropia, la pietra che dona l’invisibilità. Alle tre del pomeriggio ("ora della nona") Calandrino propone a Bruno e Buffalmacco di cercare la famosa pietra (nera) che avrebbe dato loro la ricchezza. Concordano di andare al Mugnone la domenica mattina. Arrivati sul posto Calandrino raccoglie tutte le pietre nere che trova e, verso l’ora di pranzo, è così carico di pietre che quasi non ce la fa più a camminare. I due amici iniziano a fingere di non vederlo e Calandrino non parla per non far scoprire loro di aver trovato la pietra che dona l’invisibilità. Lo prendono anche a sassate. Il colmo della beffa: mentre Calandrino torna in città nessuno lo saluta, quindi egli non ha dubbi circa la sua invisibilità. Arrivato a casa Monna Tessa, la moglie, lo rimprovera perché ha fatto tardi per il pranzo. Calandrino picchia la moglie. Spiegherà agli amici di essere molto sfortunato: aveva trovato l’elitropia ma sua moglie ne aveva annullato la virtù perché le donne, è risaputo, fanno perdere la virtù a tutte le cose.

    RispondiElimina